I libri del 2014

2014

Anno abbastanza buono, il 2014, biblioeconomicamente parlando (36 libri, 8600 pagine, come l’anno scorso). Di seguito, in ordine sparso, qualche parola sui libri che mi hanno più colpito. Altri ancora (visibili, qui sopra) sono in lettura, o abbandonati, o chissà dove.

Il programma dell’universo di Seth Lloyd

Allarga il paradigma corrente dell’universo come computer (ne ho letto passato in Chaitin, Hofstadter, e Wolfram). Lloyd aggiunge l’aggettivo quantistico.

Lo specchio che fugge di Giovanni Papini
Le mille e una notte secondo Galland
Vathek

Tre Biblioteca di Babele quest’anno. Strano vederci Papini, che si legge come se non fosse italiano, e strano vedere che il primo racconto sul tema del doppio è stato praticamente riscritto da Borges, diventando uno dei suoi capolavori. Ho perso Vathek, da qualche parte in un regionale fra Modena e Milano. Se lo trovate, godetevelo.

L’orda del vento di Alain Damasio

Grandissimo libro, conosciuto solo perchè il mio amico Enrico me ne ha parlato tre anni fa, e non ha mai smesso di consigliarmelo. Ora tocca a me. Leggetelo, necessariamente nell’edizione Nord con il segnalibro (è fondamentale).
Vi bastano le prime due pagine, e non avrete già più voglia di fare altro per una settimana. (non stavo così male da Harry Potter).

I semidei di James Stephens

Stephens è pressochè sconosciuto, ma è un narratore incredibile. Gli bastano due frasi e capisci che è lui, ti porta dove vuole. I semidei è più semplice de La pentola dell’oro, e forse andrebbe letto per primo.

Le meraviglie del possibile

La prefazione di Solmi è speciale, alcuni racconti (per me che nulla so di fantascienza) davvero belli. Mi viene voglia di esplorare Bradbury che mi pare nettamente il miglior stile lì in mezzo.

L’avversario di Emmanuel Carrére

Splendido libro, racconta l’assurda discesa agli inferi di un uomo che ha sempre mentito,a tutti, su tutto, fino ad arrivare all’inesorabile resa dei conti. La cosa agghiacciante, è che è tutto vero.

Vivere con la complessità di Donald A. Norman

Norman è sempre così banale e così pratico, che ti chiedi come non hai fatto a pensarci tu. E’ il suo bello. Penso non ci sia niente in questo libro che non abbia detto nei suoi precedenti, ma è sempre bello starlo ad ascoltare.

La vita agra di Luciano Bianciardi
Vita agra di un anarchico: Luciano Bianciardi a Milano di Pino Corrias

Sarà un po’ per Milano, sarà perchè le cose giuste capitano al momento giusto, ma quest’anno ho scoperto Bianciardi. La biografia di Corrias è splendida, e La vita agra, bhè, pure.
Rileggendolo a cinquant’anni di distanza, è profezia pura e semplice.

Un millimetro in là di Marino Sinibaldi

Da leggere. Marino Sinibaldi Ministro della Cultura, dell’Istruzione e di Tutto Il Resto.

I detective selvaggi di Roberto Bolaño

Ci ho messo circa tre anni (Adelphi ha fatto in tempo a ritradurlo e farlo uscire di nuovo (io l’ho letto nella prima edzione Sellerio)), ma alla fine ce l’ho fatta. Che dire, è Bolaño: verboso, lirico, incompiuto, infinito, capace di tutto, anche di annoiarti. Forse è troppo, forse no. Rimane un narratore fuori dal comune, anche quando non mi piace.

Fondamenta degli incurabili
Dall’esilio di Iosif Brodskij

I miei primi libri di Brodskij, che è nato per essere pubblicato da Adelphi (e infatti).

The Signal and the Noise di Nate Silver

Forse il mio saggio preferito di quest’anno. Uno sguardo fresco e importante (e, incredibilmente, concreto) sulla complessità: la cosa difficile, come sempre, è mettere in pratica. E’ scritto piuttosto bene, tra l’altro.

Considera l’aragosta
Tennis, trigonometria e tornado, e altre cose divertenti che non farò mai più di David Foster Wallace

In numero di righe, in questi anni ho letto sicuramente più su DFW che di DFW.
Ho iniziato quest’anno, dunque, con Considera l’aragosta e poi Tennis, trigonometria e tornado, e altre cose divertenti che non farò mai più (avevo letto invero anche Tutto è di più (ed è uno dei libri più bizzarri che abbia mai letto), ma secondo me non conta, nel canone wallaciano (anche solo perchè è matematica seria spiegata wallacianamente, e non si capisce)).
Davvero bello, e vasto, e vario (il primo), leggermente meno il secondo. DFW ha una capacità di spiegare (di prendere una cosa appallottolata e dividere le pieghe l’una dall’altra, e raccontare cosa fa e cosa vede) che è davvero unica. Pari solo alla sua sincerità.
Ha questa cosa che sembra il fratello maggiore-zio-migliore-amico-grande che tutti segretamente vorremo, e non si può non volergli bene.
La sua narrativa continua a non interessarmi (nonostante tutte le ottime premesse (sulla carta, la letteratura americana postmoderna dovrebbe essere la mia preferita, e invece)), ma la non fiction è preziosa ((quando morì, nel 2008, Aaron Swartz decise di leggersela tutta quanta(al 67)).
Facciamo che giuro qui solennemente di leggere almeno un DFW all’anno, anche solo per mantenere l’allenamento.

The Information. A History, a Theory, a Flood di James Gleick

Lungo, prolisso, abbondonato più di una volta (mi accade spesso con i tomi letti sul Kindle), ma splendido. Forse il libro definitivo sulla storia dell’informazione, almeno per questo decennio. C’è solo poca cibernetica, ed è un peccato.

Introduzione alla bibliometria di Nicola De Bellis

Decisamente tecnico, ma mi è piaciuto. De Bellis è sorprendentemente lucido e chiaro, e si districa bene anche nel brutto affare (politico e sociale) che sono i fattori d’impatto. La storia di Garfield poi meriterebbe un paio di libri e una serie dell’HBO a parte, ma aspetteremo.

Ebook metadata di Ivan Rachieli

Quasi letto dall’inizio alla fine, anche se è un testo più da consultazione. Alla fine non mi è servito (nel senso che non ho mai dovuto metter mano seriamente ad un epub), ma il libro è decisamente gradevole, e ponderato. Potete seguire @scarlets su Twitter, ma non si occupa più di editoria (fa dei bei siti però).

Al paese dei libri di Paul Collins

Avevo aspettative altissime, disilluse. E’ solo carino.

The Captain Is Out to Lunch and the Sailors Have Taken over the Ship di Charles Bukowski

A trent’anni, il mio primo Bukowski. Una bella sorpresa, devo dire: chiaro (e sincero) quanto infelice. Saperlo scrivere tutte le sere, settantenne e contentissimo del suo nuovo computer, ascoltando musica classica con i suoi nove cani, me lo rende meno maledetto e più simpatico.

Allucinazioni di Oliver Sacks

A Sacks non si può non volere bene, e se questo libro non mi è piaciuto la colpa è prevalente mia (l’ho letto malissimo, ne ho anche parlato qui). Può darsi che sia leggermente più sconnesso dei suoi libri precedenti, ma da un neurofisiologo ottantenne con un passato psichedelico accettiamo tutto.

Libri ed editoria

Questo è stato un anno di libri sui libri.
Con la scusa di Tworeads, ho letto e studiato alcuni testi che erano lì da tempo ad aspettarmi, e altri che sono usciti da poco e ho colto l’occasione.
Sono un po’ per impallinati e/o professionisti, li metto in ordine di bellezza.

Come finisce il libro di Alessandro Gazoia
Storie di uomini e libri. L’editoria letteraria italiana attraverso le sue collane di Gian Carlo Ferretti, Giulia Iannuzzi
Storia dell’editoria italiana dall’Unità ad oggi. Un profilo introduttivo di Alberto Cadioli

Il libro di Gazoia (meglio conosciuto come @jumpinshark) è un’ottima fotografia dello stato dell’editoria nazionale e internazionale, e brilla per semplicità e concretezza. Si legge bene, in fretta e si capisce: soffrirà presto dell’inesorabile mutarsi degli eventi, per cui leggetelo adesso.
Storie di uomini e libri è un bellissimo esperimento di storia editoriale (e letteraria) attraverso i ritratti di collane storiche (bravi minumum fax, per entrambi).

I libri degli altri. Lettere 1947-1981 di Italo Calvino
Officina Einaudi. Lettere editoriali 1940-1950 di Cesare Pavese

Due classiconi Einaudi, che al contrario di Adelphi (vedi sotto) negli anni si è raccontata in ogni forma, non ultima quella degli epistolari della sacra triade Pavese-Vittorini-Calvino. Niente di straordinario, invero, ma se vi piacciono questi autori (e non possono non piacervi) rimane incredibile vederne emergere lo stile e la voce anche in lettere veloci, quotidiane, professionali. Un’appendice importante all’opera di Calvino e Pavese (soprattutto Pavese, direi).

Adelphiana 3
Adelphiana 1963-2013
Catalogo cronologico

Ecco.
Un giorno (fra trenta, quarant’anni) sarò abbastanza vecchio, stanco e saggio, scriverò quello che penso di Adelphi. Saprò raccontare, spero, perchè certe parole (non “loro”, ma da loro scelte) mi entrano e permangono, covando sotto cenere, fino a che le braci ridivampano all’improvviso, quando capita che le cose della vita soffino nella direzione giusta.
Questi libri, più il secondo del primo (il terzo è da consultazione, e un piacere solo per gli ossessi), sono fuori classifica. Entrambi non libri, entrambi

qualcosa di frollo, disperso, incoerente. Qualcosa di simile ad una tenia: innumerevoli segmenti, e ciascuno vive per conto suo.

ma entrambi con

il sentimento di una qualche continuità, con un’unità cui tutto possa fare riferimento.

La citazione è un mosaico delle parole di Benn (Sotto la corteccia cerebrale, in Adelphiana 3), e lo contraddice. Benn parlava dello scisma interno che decise di avere con sè stesso, con la propria natura (razionale, analitica) di medico: voleva tornare ad avere relazioni non mediate con la natura, contemplarla e non manipolarla. Voleva accedere a dimensioni ctonie, sotterranee di sè stesso.
In due parole, direi che Adelphi per me fa esattamente questo: è una forza centripeta che mi costringe (mi invita) a dimenticarmi del presente, dell’imperscrutabile (e fortissimo) fluire delle cose: del lavoro, del mondo fuori dalla mia finestra (della società, del “progresso”). Della stessa idea che si possa costruire qualcosa, e che abbia senso farlo.
In questo senso, forse, è un’enorme enciclopedia zen, un’infinito fiume di parole che ci ricorda che le parole non servono a niente.

Adelphiana 1963-2013, è dunque, coerentemente, un idolo: un falso, un non-libro, un simulacro di 800 pagine al nulla calassiano. Ogni articolo ne prende al massimo tre pagine, al minimo poche righe. In questo non-libro, tutto è nota a piè di pagina, glossa ad un testo che sta da un’altra parte, citazione di altre parole che non sono lì. Un (borgesianissimo) labirinto di specchi e rimandi, ed è impossibile che dica la stessa cosa a due lettori diversi. Forse, la cosa più vicina al Libro di Sabbia (o al Necromicon, a suo modo) che possiamo avere.

Ovviamente, è bellissimo.

Non pervenuti

  • La rete è libera e democratica Falso! di Ippolita
  • La biblioteca senza libri di David A. Bell, Riccardo Ridi
  • Leggere Ranganathan di M. Guerrini
  • Il mio editore di Jean Echenoz
  • Books That Changed the World di Andrew Taylor
  • Manuale di investigazione di Jedediah Berry

Intervista su Converso

Non ne faccio proprio tante, di interviste, ma qualcuna capita (quest’anno, pure Donna Moderna e D di Repubblica). Si parla sempre delle stesso cose: Wikipedia, e chi la controlla, e l’informazione è attendibile, e chi vi paga, e perchè lo fate.
Che sono domande legittime, per carità, e mi sforzo sempre di essere il più chiaro possibile.
Ogni tanto però capita che l’intervistatore sia bravo davvero, e quindi anche l’intervistato funziona meglio (come quando nel ping pong giochi con quelli bravi davvero, e il tuo gioco migliora e di molto).
Ci sono questi ragazzi modenesi che da pochissimo hanno aperto Converso, un magazine di storie e reportage, e stanno facendo un pezzo più bello dell’altro.

Ora c’è anche una mia intervista, e senza false modestie, secondo me spacca (foto a parte)(poi c’è anche un nuova, bellissima roba sulla SIAE, però leggetela dopo).

Wikisource: 800 nuovi titoli nella collezione Open di MLOL

In queste settimane, ho fatto questo.

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La collezione Open costituisce uno dei patrimoni più importanti della nostra biblioteca digitale, ed esplicita il desiderio di MLOL di offrire il più possibile accesso alla conoscenza, che sia aperta a tutti, senza distinzione.

Le risorse presenti in questa collezione sono gratuite e rilasciate con licenze Creative Commons: provengono da decine di siti nel web e spesso sono frutto di progetti di appassionati, di volontari, o magari digitalizzazioni di biblioteche e musei internazionali. Pensiamo per esempio agli ebook del progetto Gutenberg o dell’italiano Liber Liber, o ancora alle banche dati di Internet Culturale.

Da oggi, MLOL ospita anche i testi di Wikisource.

Wikisource

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11 anni di Wikisource

(so che questa sembra diventato il blog della nostalgia canaglia, ma…)

Oggi Wikisource compie 11 anni, e questo vuol dire che io ci sono sopra da (ehm) 9.
Io non so mai cosa dire in questi casi: è sicuramente facile ribadire che mi abbia cambiato la vita (non avrei cambiato studi, non sarei finito a studiare biblioteche digitali in nord Europa, non avrei avuto il mio primo lavoro, (nè il secondo, nè il terzo)). Non sarei mai finito dentro il mondo Wikimedia (quella con la m). Non avrei fatto un milione delle cose che ho fatto da quasi dieci anni a questa parte.
Posso anche affermare senza fallo che non c’è stato praticamente giorno in terra, da quel 29 dicembre 2005, in cui non abbia guardato le Ultime modifiche, non abbia pensato al modo di farla crescere, di riflettere su quello che si può costruire al computer insieme alle altre persone (tu chiamale, se vuoi, ossessioni).

Non che, dopo 9 anni, siamo arrivati ad un traguardo, anzi: il meglio deve ancora venire, siamo solo all’inizio.
Per festeggiare, come ogni anno (dall’anno scorso, ma è già tradizione) facciamo un nerdissimo contest di (ri)lettura:
si va qui, si sceglie un’opera che ci piace (io prenderei Nietzsche o Leopardi, fossi in voi), si leggono delle pagine, si correggono gli errori, si salva la pagina cliccando sul 100% (se prima era al 75%). Fine.
Più pagine vengono rilette, più probabilità ci sono che vinciate un premio ad estrazione (buoni per libri, ovviamente).
Boh, non lo so, a me continua a piacere, e sembrare una cosa importante. Se avete voglia, partecipate (e comunque vi controllo :-))

7

Questo blog ha sette anni (oggi). Non che sia importante, ma i blog (che volevano dire una cosa, tanti anni fa, e poi hanno riempito altri usi e funzioni, cambiando significato al termine) non sono morti, nel senso che non può morire il concetto di spazio-tuo-che-parli-di-te,-online. Continuo a pensare che sia bello, avere uno spazio identitario, che mi rappresenti, che dica qualcosa di me, che mi obblighi a postare qualcosa, una volta al mese. Vale la pena pagare per essere costretti a scrivere (credo), nel senso di provare a costruirsi un luogo che sia noi, nel digitale. Pulito se e come ti pare, che dica quello che ti pare. Nonostante da anni non leggo più il mio feed quotidiano (prima che Google Reader morisse). Fra Medium ed altri, i pensieri (anche complessi) prendono sempre più forma online, e smartphone e tablet allungano i tempi di lettura, per cui bene così, morti o no, tanti auguri.