Note su carta contro bit

Sto leggendo Allucinazioni di Oliver Sacks, in ebook, e ho il sospetto che mi sarebbe piaciuto di più su carta.  

È forse la mia personale paranoia/percezione di come andrebbe letto un Adelphi (mantenere una certa distanza dall’attualità, dalla vita quotidiana; mantenere un silenzio), e sicuramente sono io a non avere nè il tempo nè la voglia di mantenere le premesse che mi impongo. 

Ma mi pare di capire che una delle cose che si perde con il libro elettronico è una sorta di identità del libro, di metadati puramente fisici. Un libro di carta è e rimane sempre un libro: i miei occhi lo riconoscono, è un parellelepipedo di carta che rimane sempre tale. Mi dà la tranquilla stabilità delle cose. Lo percepisco con i miei sensi (lo vedo come libro, tocco la sue pagine, sento il famoso odore della carta), e so che rimarrà così. Sono dati, metadati che percepisco, consciamente o meno, e che mi ricordano il libro, esattamente come le madeleine erano “trigger” neurocognitivi per Proust. È uno dei motivi per cui avere libri in casa aiuta a leggere: li vedi e per un secondo te li ricordi, ripercorri ciò che ti hanno dato, sia in termini di informazioni o di emozioni. la loro fisicità è un appiglio per la nostra memoria. Ripercorrerli è ripetere, quindi ricordare. Uno dei motivi per cui possedere i libri che hai letto e tenerli davanti a te funziona

Per questo forse il libro elettronico ha più da perdere nelle nostre vite iperattive: se letto nel nostro vario e mulinante “fare cose”, il libro elettronico è un pezzo di testo (quindi un pezzo di emozioni e cognizioni) all’interno di un pezzo di plastica, che vedo e percepisco come pezzo di plastica. Lo perdo più velocemente come velocemente ho perso gli articoli letti velocemente nello scorrere del lettore RSS. Perdo parte di una memoria spaziale, perdo quei semplici appigli che spesso inconsciamente ci aiutano a ricostruire un ambiente, un’emozione, un’argomentazione. 

E’ dunque forse una piccola rivincita (e un nuovo vantaggio) che il libro di carta si prende in una vita spesso troppo ricca di stimoli, e uno spazio che si riprende nell’economia dell’attenzione. Il libro in sè (atomi o bit) esige questo spazio mentale, come discorso lungo e argomentato. La carta ci aiuta un po’ di più, forse, semplicemente perchè carta rimane, e ci chiede meno di uno schermo.

Information literacy: DIY Bookscanning

Senza dimenticare che partendo da qui e arrivando a Wikisource, uno parte dalla carta e arriva all’epub, con un testo trascritto grazie alla comunità di volontari. Il workflow è completo, cari archivi e biblioteche, non avete più scuse.

Avatar di vgentilinibibliotecari non bibliofili!

Se clicco su un titolo nel catalogo posso leggere il libro?
Come mai esiste l’ebook per così pochi libri?
Perché non digitalizzate tutti i libri presenti in biblioteca?

La serata dell’otto maggio l’ho passata presso il makerspace di RasPiBO, un gruppo di persone accomunate dalla passione per l’elettronica, l’informatica libera, l’idea di imparare a fare le cose assieme e di imparare a farle facendole (cacciavite in mano, per intenderci). Il senso letterale di maker-space è questo.

Quella sera in particolare era previsto un seminario introduttivo su strumenti fai da te (DIY) e software liberi per la digitalizzazione di materiali cartacei e la pubblicazione nel
web, a cura di @archiviografton.

Quello che è stato mostrato è quello che vedete nella foto: un oggetto tutto sommato semplice che io descriverei come un telaio in legno montato a incastro, un paio di vetri, un paio di cinghie elastiche, due macchine fotografiche…

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Elsevier journals — some facts

Lunghissimo post da parte di Tim Gowers, che dichiara qui quanto spendono le università inglese per le riviste Elsevier. Una cosa da ripetere anche in Italia.

Avatar di gowersGowers's Weblog

A little over two years ago, the Cost of Knowledge boycott of Elsevier journals began. Initially, it seemed to be highly successful, with the number of signatories rapidly reaching 10,000 and including some very high-profile researchers, and Elsevier making a number of concessions, such as dropping support for the Research Works Act and making papers over four years old from several mathematics journals freely available online. It has also contributed to an increased awareness of the issues related to high journal prices and the locking up of articles behind paywalls.

However, it is possible to take a more pessimistic view. There were rumblings from the editorial boards of some Elsevier journals, but in the end, while a few individual members of those boards resigned, no board took the more radical step of resigning en masse and setting up with a different publisher under a new name (as some journals have…

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La condivisione di ebook

[ho scritto questo pezzo per il Kit di sopravvivenza del lettore digitale, ebook sull’ebook curato da Tropico del libro e uscito a maggio scorso sotto licenza CC-BY-NC. Lo ripropongo qui. Voi intanto supportare i ragazzi di Tropico votando qui, ci mettete un secondo]

 

Esiste un diritto alla condivisione di ebook?
La risposta è (come sempre): dipende.
Credo sia sacrosanto il diritto di poter mandare ad un amico una mail con allegato un ebook, mentre cosa diversa è condividere la propria collezione di migliaia di ebook attraverso le reti di file sharing…
Ma partiamo con ordine.

Ho usato la parola condivisione non a caso.
È importante capire infatti che, in realtà, nel mondo digitale la parola “prestito” è scorretta. Ed è scorretta, d’altra parte, anche la parola “regalo”.
Nel nostro mondo (quello in cui ci muoviamo, un mondo fatto di atomi pesanti, di oggetti che hanno un peso e sono difficili da trasportare, copie uniche che non si duplicano con un clic) definiamo “prestito” quando prendo un libro dal mio scaffale e lo passo ad un amico, per un tempo finito e definito. Per tutto il tempo che il mio amico terrà con sé il mio libro, io non potrò leggerlo, ne sarò privato. La mia copia ce l’ha lui.
Se questo intervallo di tempo diventa indefinito (cioè se io rinuncio al mio libro, e voglio lasciarlo al mio amico) questo libro diventa un regalo. (Se invece è il mio amico a tenersi il libro, senza il mio esplicito regalo, tecnicamente possiamo chiamarlo furto).
Sappiamo bene che il regalo porta con sé valenze sociologiche importanti (è un dono, una dimostrazione di affetto/amicizia/amore), valenze che il prestito non porta con sé. Fra regalo e prestito (e acquisto e prestito), c’è dunque la discriminante del tempo (cioè del possesso finale dell’oggetto) e della disponibilità (se ce l’hai tu, non ce l’ho io).
Nel mondo digitale, tutto questo è enormemente più confuso. Se ti presto il mio ebook, io avrò sempre a disposizione la mia copia. Perché nel digitale le cose si moltiplicano (i libri come i pani e i pesci).
È dunque un regalo? Non proprio. Nel regalo io mi privo di qualcosa (del mio libro, o dei soldi spesi per acquistarlo) per darlo a te. Qui, come detto, a me il libro rimane. La condivisione digitale è dunque diversa: entrambi manteniamo il possesso, entrambi abbiamo disponibilità.
Credo che questa premessa sia importante per riflettere sul “diritto alla condivisione” (e da qui in poi, mancando una parola migliore, useremo proprio “condivisione”).
Ci sono molti fattori che entrano in gioco, quando si parla di condivisione digitale.
Quanto il mio comportamento mi rende un buon amico/collega/vicino?
Sembra una domanda stupida, ma sarebbe davvero un brutto mondo se il nostro collega di scrivania non ci prestasse il suo temperino o la penna o 35 centesimi per il caffè. Sarebbe un mondo ancora più brutto se amici o addirittura parenti non lo facessero. La nostra vita quotidiana è intrisa di piccoli e grani episodi di collaborazione e condivisione.
Questo è un aspetto importante. Quanto la mia condivisione (o assenza di) mi rende un buon membro della mia comunità?
Trent’anni fa, questa domanda se la pose anche Richard Stallman, un programmatore e hacker del MIT. Era un momento di passaggio capitale, in cui le aziende che facevano software iniziarono a chiudere il codice sorgente (che prima di allora era sempre aperto e disponibile) e chiedere licenze per l’uso (che è poi il sistema che usiamo oggi).
Messo di fronte al dilemma se smettere di condividere il proprio codice (leggi: la propria conoscenza) per venderlo, Stallman scese la via più difficile e ambiziosa, e fondò il movimento per il software libero. Una scelta che ha alla fine cambiato il mondo come lo conosciamo (vi dicono niente nomi come Linux, Android, Wikipedia?)
Non affronteremo tutta la storia, ma qui, allora come adesso, c’è in gioco il concetto stesso di essere un buon membro della propria comunità (e del costruire ecosistemi di collaborazione e condivisione, se vogliamo).
Ma non divaghiamo.
Stavamo riflettendo sulla condivisione digitale di ebook.
Un’altra buona domanda potrebbe essere: quanto la mia condivisione è sostenibile” per il mercato? Ogni lettore è un consumatore, e ogni azione è politica. Non ci sono risposte facili. Comprare, condividere, prestare (nella carta e nel digitale) sono azioni viste diversamente dai diversi attori. Ci sono i diritti e il punto di vista degli autori, delle case editrici, ma anche delle biblioteche e dei lettori. C’è la comunità allargata, come dicevo prima. Se la pirateria va ad intaccare il legittimo guadagno (e sostenibilità) di un intero settore, dobbiamo pensarci bene prima di minare alle basi un’industria (quella editoriale) che è poi quella che ci dà da leggere.
Gli ebook rendono anche il mondo della lettura più liquido e incerto.
Se per esempio ho il diritto di mandare ad amici degli ebook in allegato, posso anche fare una piccola cartella condivisa sul web (tipo Dropbox) e condividere dei libri per me importanti?
Cosa dire di quei siti (non vi preoccupate, non vi dò il link) che rendono scaricabili libri per la maggior parte fuori catalogo ma ancora sotto copyright? Aiutano o meno la letteratura? Banalizzano o incentivano la lettura e l’acquisto? Spingono la bibliodiversità o ammazzano le case editrici? È giusto togliere il DRM (social o Adobe) dai libri?
La risposta non è certamente facile da dare, e le stesse case editrici (soprattutto in Italia) hanno enormemente ritardato l’innovazione digitale per la paura di finire come l’industria discografica (cioè, male). Giusto per amor di complicazione, potremmo ancora ricordare differenze sostanziali fra musica e libri. Noi leggiamo libri in maniera differente di come fruiamo musica. E i tempi sono solitamente diversi (mi verrebbe da dire che, mediamente, leggere è più impegnativo di ascoltare, almeno in termini di tempo). Forse (ma dipende) avere a disposizione gigabyte di musica scaricata da internet non è come avere a disposizione gigabyte di ebook. Potrei avere di fronte intere biblioteche digitali di libri senza avere il tempo (e la voglia) di leggerne che una dozzina all’anno.
Personalmente, credo che questo non giustifichi chi in mala fede lucra sul diritto d’autore altrui, ma forse dovremmo ridimensionare un pochino la paura delle case editrici…
Ma non divaghiamo.
Se vi aspettavate delle risposte, immagino non le abbiate trovate.
Regole fisse non ce ne sono. La mia regola personale (soggettiva e opinabile) è trovare un equilibrio. Se la mia condivisione mi rende un buon amico, favorisce una collaborazione, è orientata a pochi amici selezionati e posso ragionevolmente pensare che non danneggi l’editore, allora condivido. Tolgo anche il DRM, se necessario (per il social DRM, tenetelo, se orientato a una stretta cerchia di amici. È anche un modo per dire che il libro l’avete comprato voi, una sorta di ex libris digitale).
Però non metterei su un server gigabyte di ebook sotto diritti (lo faccio invece con libri di pubblico dominio, su Wikisource). Condivido con gli amici, prima di tutto.
Credo che il concetto di comunità, di collaborazione, sia un’ottima guida per quel che riguarda la collaborazione. Devo pensare alle conseguenze del mio gesto, positive e negative. Poi (poi) clicco Invio.

Nota a margine.
Sono molto più estremista riguardo alla letteratura scientifica, agli articoli accademici o monografie a cui può accedere solo chi fa parte di una buona università. È un discorso lunghissimo, che non farò, ma la mia posizione qui è sempre di condividere con amici e con chi vi chiede, se voi potete accedere e lui no. Qui è un discorso di democrazia, davvero.
Ma non divaghiamo.

Sitografia
Abbiamo parlato di condivisione di libri elettronici coperti da diritti d’autore. Ma ci sono libri che si possono prendere e scaricare e passare a chiunque, legalmente, perché il loro copyright è scaduto. Sono decine di migliaia, e da tempo (dal preistorico 1971) esistono siti e biblioteche digitali che permettono di leggere e rileggere questi classici fuori copyright. Ecco alcune biblioteche libere:

Un elenco più aggiornato ed esauriente è qui. Allo stesso link è possibile trovare informazioni e approfondimenti su vari punti che abbiamo solo sfiorato (come l’annosa questione dei DRM). Sulla storia di Richard Stallman, potete leggere il Codice libero di Sam Williams (disponibile anche in EPUB). Sul concetto di condivisione e pirateria, e sull’importanza di entrambe, consiglio anche Elogio della pirateria di Carlo Gubitosa.