Penso sempre che uno dei nostri limiti più grandi, in quanto umani, sia si poter pensare contemporaneamente, massimo 2, 3 concetti alla volta, di avere una RAM limitata e inespandibile. Penso che se non fosse così potremmo essere uomini e donne migliori, più empatici, più completi, terremmo a mente più concetti contemporaneamente, potremmo abbracciare la complessità e forse toccarci le dita dall’altra parte.
Parallelamente (sincronicamente), mi fa sempre sorridere, quando lo studio di un concetto complesso me lo fa intuire in tutta la sua grandezza, e mi ritrovo a spiegarlo, una parola alla volta, un’inferenza alla volta, a qualcuno che non ne sa nulla.
Abbiamo inventato i libri per questo, e le lezioni, e i capitoli, disquisizioni discrete e lineari di un pensiero che in realtà non è un filo, ma uno gnommero, e tutte le parti si toccano.
Che sia la teoria di Galois, o il pensiero di Girard, o anche solo una cosa leggera leggera sempli semplice come l’open access, due, tre assiomi mi creano uno spazio in cui ogni pezzo fa parte di un oggetto che ha un volume, e io devo riempirlo con ago e filo. Come avere una sfera di marmo e provare a spiegarne le venature interne, il disegno delle rocce, la conformazione minerale, con delle sole sezioni e fotografie e mappe bidimensionali, senza poter (far) vedere che è molto più semplice tutto insieme, tutto attaccato e compatto, qui la pressione qui la sedimentazione, un evento solo, mille ripercussioni.
Siamo condannati ad una percezione razionale unidimensionale, una linearità di ragionamento, le parole entrano ne nostro orecchio, necessariamente, un goccia alla volta. Siamo tutti dei Mercatore, per cui un geoide deformato diventa una razionalissima scacchiera con l’Europa al centro (senza sapere cosa vuol dire, spesso, spatasciare il tridimensionale).
La pittura, la fotografia, la scultura sono linguaggi che usano dimensioni aggiuntive (vista, udito, pure il tatto), ma sono enormemente più superficiali, tendono a parlare più ai nostri sentimenti che alla nostra testa (provate a dire “la penna è rossa” con un flauto). Sacks ci dice che i sordi, con un linguaggio a 3+1 dimensioni (3 spaziali, una temporale) hanno uno spazio di espressione maggiore, e sicuramente sanno muoversi nello spazio meglio di noi, lo ricordano meglio, lo percepiscono meglio. Un linguaggio più potente, dunque: oggi scopro che un combinato disposto è uno spazio vettoriale (o un sistema formale, volendo) , dipende dai vettori (commi) di partenza, e si hanno spazi diversi, più o meno potenti, più o meno abitabili.
E ogni tanto mi chiedo cosa sarebbe avere una dimensione temporale in più (cosa vuol dire?), invece che le varie dimensioni spaziali da cui siamo circondati (infinite nella matematiche, circa 12 per la fisica teorica, 3 e solo solo 3 nella vita di tutti i giorni).
Sarebbe come avere un flusso alternativo di coscienza (e quindi saremmo schizofrenici, saremmo legione?).
Mi piace pensare che sarebbe, sarà, un’evoluzione necessaria della mente umana, fra migliaia di anni (se sopravviviamo), e credo che Dio, se esiste, debba avere un cervello abbastanza schizofrenico, milioni di coscienze, forse le nostre, la visione dell’Universo come un’ape, ogni occhio e cervello, noi, l’onniscenza è parallelismo di ragioni.
Tutto comprendere è tutto perdonare, diceva la de Staël: onniscenza dunque misericordia (era così semplice, così facile).
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