Ci sono libri pesanti, che fanno pagare ogni pagina.
Libri gravidanza, quasi sempre, in cui la ricompensa vale la fatica. In questo caso, gravidanza per il lettore, gravidanza di sette anni per l’autore.
Per me, La vie, mode d’emploi è stata un’intera estate di cesello quotidiano dell’occhio, un lento corpo a corpo con il tedio, direbbe il Bibliotecario.
Ricordo la salsedine e la sabbia, i cespugli sotto i quali lo leggevo, il monacale solitario con le parole, l’appoggiare il libro umido più volte per respirare il mare, per riposare la mente dall’enumerazione monotona, dalle descrizioni estenuanti.
Estenuante era forse una parola cara a Georges.
Lui esauriva, consumava, sfibrava lo spazio delle pagine, quello astratto e quello reale, ogni specie di spazi, anche lo spazio degli spazi fra le parole. Esauriva un’idea, navigando gli alberi di ragionamento come un algoritmo pedante. Moltissimo, doveva esaurire anche sè stesso.
Era forse l’ossessione di avere pareti, l’agorafobia della pagina bianca, la paura non del vuoto dentro, ma del vuoto fuori. Dell’illimite-imperfetto, della pressione ridotta che implode.
Fame spietata l’esigenza di esaurire.
Per il giovane Georges, dallo sguardo incredibilmente paziente, contabile e feroce, questo libro gravidanza doveva rappresentare il Behemoth letterario, il personalissimo leviatano di una (troppo breve) vita dedicata alle liste, alla catalogazione, al cilicio letterario della limitazione oulipiana.
Giocava a scrivere letteratura come un bonsai, nella costrizione: se non che lui era sia pianta che forbici, vita che nasce, ferro che pota, volontà di crescere, vivere, straripare. Ma sempre nel piccolo, nel costipato. Costruzione sì della complessità, della vita, ma in spazi il più chiusi possibile.
Come se si fosse liberi solo quando accettiamo di non esserlo.
Ciao Aubrey, hai un modo personale e originalissimo di parlare dei libri. Mi piace da morire :-)Anch’io sono alle prese con un libro-gravidanza (Moby Dick) ed anche con un esame-gravidanza (ma questa è un’altra storia). Ti leggo sempre con piacere. Un saluto.
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Ciao mnemonia, è un piacere ritrovarti. Dato che mi parli della balena, faccio un po’ il gradasso e mi auto cito: https://aubreymcfato.wordpress.com/2009/02/05/moby-dick-la-balena/
Ti ringrazio davvero per i complimenti, mi lusingano molto. A proposito, hai anche un account su aNobii?
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Ecco, vedi, anche il tuo commento di Moby Dick è bellissimo. Moby Dick è esattamente tutto quello che hai scritto. Sei davvero bravo a trovare le parole. Su aNobii siamo già “vicini” da un po’ di tempo! Infatti è da lì che alcuni mesi fa sono arrivata al tuo blog :-) Ti ho scritto un messaggio anche lì. :-)
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Ho cominciato a leggere Perec, La vita istruzioni per l’uso.
L’ho evitato fino ad ora.
Ho 44 anni e mi sembra il momento giusto per leggerlo.
Non so perché.
Saluti Aubrey.
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Credo sia un momento perfetto per leggere Perec. Come tutti gli altri. E’ inattuale il giusto, ed è un “libro unico” (e infatti, sarebbe un perfetto Adelphi).
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