La biblioteca del CERN (di cui ho già narrato le gesta in un paio di post) ha appena annunciato il rilascio dei dati bibliografici in formato open, in pieno spirito Open Access/Open Data: nello specifico, i dati saranno rilasciati secondo la Public Domain Data License e la nuovissima CC0, nuova nata della famiglia Creative Commons.
Dalle parole di Jens Vigen, direttore della biblioteca:
“Books should only be catalogued once. Currently the public purse pays for having the same book catalogued over and over again. Librarians should act as they preach: data sets created through public funding should be made freely available to anyone interested. Open Access is natural for us, here at CERN we believe in openness and reuse. There is a tremendous potential. By getting academic libraries worldwide involved in this movement, it will lead to a natural atmosphere of sharing and reusing bibliographic data in a rich landscape of so-called mash-up services, where most of the actors who will be involved, both among the users and the providers, will not even be library users or librarians. Our action is made in the spirit of the Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities; bibliographic data belongs to the cultural heritage. All other signatories should align their policy accordingly.”
Tutti i dati saranno utilizzati dall’Open Library Project, per fornire ad ogni libro una pagina specifica integrabile e modificabile dagli utenti (che possono inserire indici, sommari, e ogni sorta di metadati).
Per riutilizzi massivi, i dati saranno forniti attraverso Z39.50, SRU e un’interfaccia OAI via biblios.net, un repository di dati bibliografici aperti.
I dati sono disponibili qui: http://cern.ch/bookdata (e c’è pure un video)
(via Pat Dawnosky)
In Italia come siamo messi? Voglio dire, abbiamo delle norme di catalogazione nazionali e degli OPAC nazionali (ICCU e SBN, che spero siano solo due interfacce diverse), i quali però non mi paiono realmente integrati con quelli locali, infatti non sono aggiornati in tempo reale e (abbastanza) spesso contengono schede doppie: devo supporre quindi che la scheda per il singolo libro venga fatta n volte (una per ogni catalogo integrato, ad esempio quello della Lombardia, quello di unimi ecc.)?
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Chiedo a chi ne sa di più, poi ti dico.
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Il video però è osceno, glielo si può perdonare solo per il coraggio della multimedialità :-)
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(abbastanza osceno, io ho glissato ;-) Diciamo che la colonna sonora è un po’ troppo rave berlinese, secondo me ha fatto tutto Patrick!
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Rispondo rapidamente a Nemo: senza entrare nel dettaglio di OpenData (come siamo messi in Italia non te lo so dire nemmeno io) da gestore (precario) di un Polo SBN ti posso dire quanto segue: quelli che tu chiami ICCU e SBN sono due interfacce dello stesso catalogo, nessuna delle due tra l’altro è minimamente pensata per l’interoperabilità, la trasposizione dei dati, l’integrazione con altri sw, l’interazione da parte dell’utente (io odio parlare di 2.0, ma quando ci vuole ci vuole ;-)
Il lavoro tecnico dell’ICCU – senza offesa – almeno a giudicare dal funzionamento dei sistemi e dalla prontezza nell’affrontare i problemi è imbarazzante.
Le schede non sono doppie in quanto i cataloghi non sono integrati: sono doppie perché le norme impiegate, oltre che essere molto vecchie, sono ancora troppo poco chiare a capire cosa si vuole descrivere, e il catalogatore è ancora troppo poco bravo (o troppo pigro, o troppo poco pagato) per fare bene il suo lavoro, e gli istituti preposti sono ancora troppo indietro per organizzare lavori di bonifica utili.
Inoltre non dimenticare che oltre ai cataloghi integrati nel servizio bibliotecario nazionale, SBN, esistono ancora infinite realtà locali, e l’integrazione fra queste è ancora fantascienza. A Torino abbiamo ancora le ferite aperte per l’unificazione del catalogo che abbiamo realizzato.
In sostanza: infrastrutture male aggiornate e organizzazione precaria portano a una mole di lavoro mostruosa e a risultati che rispecchiano la generale arretratezza di una realtà bibliotecaria.
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