Solitamente non rileggo i libri. Ce ne sono troppi nell’universo – che altri chiama la Biblioteca – e ho questa spiccata (morale, opprimente, gioiosa, affamata) tendenza non all’edonismo della lettura, ma all’addizione, all’evoluzione discreta. Il bisogno di aggiungere un pezzo di universo alla volta, di integrare sistemi, di aggiungere informazioni. Ogni libro un mattone, mi costruisco lentamente. Spesso ci perdo in profondità. Ogni tanto ci guadagno in vastità, curiosità, nuove scoperte.
Esplorare l’universo richiede tempo e pazienza e io di quest’ultima sono sprovvisto.
Il Monte Analogo è un libro unico, bazlenianamente. Tutto e il contrario di tutto, è discesa e salita, carne e lettera. Una trasposizione di vita su carta, come ne capitano raramente.
Daumal passò mesi scrivendo poche righe al giorno, meditando e ruminando ogni cosa. Secerneva qualche parola, un evento, una parabola, un intreccio. Con estrema lentezza, con dedizione monacale, redasse la sua vita e il suo sguardo, tentò la salita al cuore del mondo, la tentò sotto forma di racconto.
Raccontava e camminava allo stesso tempo, forse. Sicuramente discendeva in sè e saliva nel regno della metafora, meditava e raccontava, in movimenti opposti, non-euclidei.
Leggo, rileggo ancora e continuo a non comprendere, l’analogia è profonda, forse irraggiungibile, forse irraggiungibile qui ed ora, per me; solo assaporo meglio un peso inusuale di ogni parola, una lentezza che disciplina gli occhi e il cuore, costringe al ritmo giusto, educa le gambe alla montagna.
La parabola degli Uomini Cavi varrebbe da sola il libro. Così l’assioma dell’esistenza del Monte Analogo, la creazione di un mondo che esiste e non esiste insieme (l’ispirazione negli sceneggiatori di Lost è evidente), i peradam, Pierre Sogol.
Libro-miele, dunque, distillato testamento di un genio dello spirito morto a 36 anni.
Come natura, non spreca nulla, agisce per il principio di minima energia. Eppure divaga, si estende fino a comprendere ogni cosa, da Euclide alle leggende tibetane, sanscrito e matematica, quella che noi chiamiamo scienza e quella che altri chiamano mistica (ma che Daumal aveva capito essere lo stesso, in fondo).
Sappiamo che Daumal redasse una rivista geniale a 17 anni, sappiamo che insegnò il sanscrito a Simone Weil, sappiamo che per lui la Montagna era maestra e analogia,
come l’oceano lo fu per Melville, come la biblioteca per Borges.
E’ segno del genio guardare un pezzo di mondo e ritrovarci l’Universo.
Forse tutti quanti siamo destinati ad un’analogia, a tutti è stata data una metafora-assioma con cui ricostruire il mondo, come perno del proprio sguardo.
Il finale “E voi, che cosa cercate?, dunque, potrebbe avere una risposta.
“La mia Analogia.“
E se al fondo del fondo ci fosse solo un pezzo di carne, esperita? Pg
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Cosa intendi esattamente?
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In questo tuo scritto ci sono occhi, sguardi, pensieri, libri. E’ eccitante il modo in cui ne scrivi, c’è tanto dettaglio e specificità non autoreferenziale. Ho cominciato da qualche anno a dare ascolto a quella bistecca vivente che mi porto addosso ogni minuto, ogni frazione di secondo, il mio corpo. E’ lì prima del pensiero, o così mi pare. Quantomeno ho preso in considerazione questa ipotesi. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne “pensi” o cosa senti.
P.S. metto il tuo articolo sul CERN nella bibliografia di un workshop per il marketing del counselor. E’ ok per te?
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Devo confessarti che effettivamente il corpo è una cosa a cui penso, e che ascolto, poco, a torto. Giusto quando sono malato me ne rendo conto.
Questo tuo commento mi fa venire in mente “Il silenzio del corpo” di Ceronetti, sempre fra i cacciaviti Adelphi. Se non lo conosci te lo consiglio vivamente.
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Riguardo al post del CERN, qui a destra puoi leggere che la licenza dei miei posti è la CC-BY-SA, che significa che puoi leggere, far leggere, condividire, modificare, anche vendere tutto quello che scrivi, a patto che mi nomini come autore. Anche un link è ovviamente benvenuto. Quindi fai pure, fai solo piacere.
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Se porti la tua bistecca corporea a Torino fatti sentire, ti invito a mangiare un’uvetta in mezz’ora o qualcosa del genere. Grazie della segnalazione adelphiana.
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Ma tu scrivi o leggi soltanto?
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Strana domanda. Io leggo (poco, ahimè) e quel che scrivo è solo qui (pochissimo, ahimè).
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Lol!
Era solo una curiosità.I post sono carini e volevo sapere se esisteva anche qualcosa nato da te :P
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È un libro da rileggere, regolarmente. Finito ieri sera, ho bisogno di ripartire. Mi lasciano interdette le opere incompiute – al di là della banale simbologia che uno può trovare nel fatto che questo romanzo-viaggio sia incompiuto. Ma credo che ci sia più di questo. Ma l’idea della quest intellettuale è semplicemente perfetta.
Una sola precisazione: il genio è morto *nel* 44, a 36 anni. Un’altra data di scadenza che si avvicina, un’altra a cui non devo pensare.
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(non ti angosciare, dai, siamo tutti vecchi :-)
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