Diventare Aaron Swartz

Quasi due mesi fa esatti ho compiuto trent’anni, che è un numero effettivamente spaventoso.
Come tutti, penso spesso a chi sono e cosa voglio fare della mia vita: mentre alla prima faccio sempre fatica a rispondere (per fortuna, direi), alla seconda, al momento, la risposta non è lontana da “Questo.“.

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Non è un mistero che io parli molto di e tenga molto ad Aaron Swartz:
è stato un ragazzo speciale, sotto ogni punto di vista, e la sua morte, due anni fa, ha colpito nel profondo un paio di milioni di persone. Io sono fra quelle: sono passati due anni, ho letto tutto il blog, abbiamo fatto l’ebook, e continuo a pensare a cose che ha scritto, a cose che ha fatto, a cose che voleva fare, a cose hanno inventato o creato altri ma che io ho imparato da lui, e che pure magari erano cose che io già facevo o pensavo ma lui faceva e pensava meglio.
È una figura (si può dire modello?) a cui tengo molto (ce ne sono molti altri, qui). Sono giunto alla conclusione che, in certi aspetti, fosse una versione migliore di me, e sono convinto che questo sia uno dei motivi per cui piace colpisce così tanto così tante persone. Conosco moltissime persone che fanno cose relative ai diritti digitali, all’open access, alla democrazia; nessuno che lo faccia con la stessa intelligenza, capacità tecnica, visione ad ampio raggio.
È stato, in parte, una versione migliore di noi.

Per cui ho deciso che, come proposito dei miei trent’anni, e dei trent’anni che verranno, c’è quello di diventare Aaron Swartz: nella misura in cui io rimango io, ovviamente, e posso scegliere in che cosa imitarlo, in che aspetto essere migliore. Nella misura in cui io divento una versione migliore di me.

Per cui, per iniziare, fra i propositi per l’anno nuovo, ci sono questi:

  • Scrivere (codice e non). Scrivere tutti i giorni.
  • Leggere libri. Di più.
  • Prestare attenzione alla sofferenza di quello che mangio.
  • Lavorare sull’accesso alla conoscenza. Ancora e ancora. Accesso alla conoscenza come empowerment, comunità come cardine della società, e del suo cambiamento. Education as a silver bullet.
  • Growth mindset.

Code is words

Una delle cose meravigliose del mio nuovo lavoro è che finalmente ho il tempo e la motivazione e gli obiettivi per studiare seriamente cose piuttosto tecniche. Robe di metadati, ma soprattutto robe di python, scraping, API: in una parola sola, programmazione, che sono sette anni che provo ad imparare e finalmente ce la sto facendo.

Questo vuol dire lavorare spesso col terminale, a linea di comando (che per chi come me sarà sempre un forestiero informatico è un tipo di lavoro estremamente pulito e concentrato), ma soprattutto vuol dire stare tutto il giorno davanti ad un editor di testo, e scrivere.

Questa è una cosa molto poco banale.
Vuol dire stare davanti ad una pagina bianca (nera, nel mio caso), e cercare di far accadere cose, attraverso le parole.
Solo che si utilizzando due tipi di linguaggi: uno formale, l’altro no. Uno serve per parlare con le macchine, l’altro con gli umani.

Il linguaggio formale, il codice, è complesso, spesso complicato, ma estremamente potente. Poche persone lo sanno parlare, ma viviamo in un momento storico in cui sempre più persone lo imparano e lo impareranno (sarà un mondo interessante, credo (come se si svegliasse un continente di persone che fino a ieri non parlava; come se domani l’Africa aprisse le labbra e ne udissimo la voce plurale, per la prima volta)).
La cosa meravigliosa del codice è che modifica una realtà (virtuale), la crea, la fa vedere.
Il codice è comunicare con i computer, far fare le cose a loro; permette la costruzione di strumenti e intrastrutture virtuali, che però hanno effetto anche sul reale.

Provavo a dirlo anche qui: secondo me, ci manca una metafora appropriata, per il digitale, se non quella che il codice è un creatore di mondi (perchè è parola, e la parola crea mondi) solo che è parola formalizzata, e quindi ci fa parlare con i computer, che sono intelligenze inferiori (perchè non gestiscono la confusione, l’informale, l’informe) e superiori al tempo stesso, perchè con le parole formali fanno miracoli, e creano mondi per noi.

Aaron lo diceva benissimo: programming is magic.

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Diminuire gli strumenti su cui si lavora a me sta dando enormi soddisfazioni, e migliorando la mia produttività. Cerco di concentrarmi su alcuni di questi, che eliminino le distrazioni e mi costringano a scrivere/leggere/eseguire comandi.

D’altronde, era banale: la comunità dei programmatori non fa che scrivere tutto il giorno, ed è capace di costruirsi i propri strumenti da sola. Ne consegue logicamente che basta guardare cosa usano loro per trovare strumenti comodissimi per scrivere e lavorare.

Ergo, Sublime Text è diventato il mio migliore amico.
Sto piano piano facendo convergere tutta la mia attività qui sopra: ci scrivo il poco, misero codice che riesco, e scrivo appunti e post e articoli in Markdown, che non è altro che un linguaggio di markup (tipo wiki, per capirci), ma standard, riproduce l’HTML, viene usato da sempre più siti e addirittura puoi scriverci anche in WordPress (quindi ci scrivo anche i post).
E’ molto comodo e mi permette di lavorare sempre su Sublime e non trasferirmi su Google Docs o (peggio) LibreOffice.
Diventa dunque possibile lavorare soltanto su Sublime e scrivere codice, eseguirlo (da terminale), prendere appunti (su una pagina nuova), o anche scrivere sul blog e pubblicare allo stesso tempo (con Jekyll, per esempio, attraverso GitHub, ma si può pubblicare anche su WordPress).
Sono appena all’inizio, e sono già innamorato.

Nuove tesi

Nuove tesi è il testo tradotto di New Clues, versione aggiornata delle tesi di Doc Searls e David Weinberger, che 16 anni fa andava sotto il nome di Cluetrain Manifesto.
L’abbiamo messo su Medium (io, Marco ed Enrico) perchè possiate discutere direttamente là, tesi per tesi.
C’è anche l’ebook (pure su MLOL).

Aaron Swartz

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AaronSwartzPIPAFino al 10 gennaio 2013 il mondo era un posto migliore, Aaron Swartz era ancora tra noi e chissà come sarebbe andata se avessimo potuto fare di più per proteggerlo.

Per i bibliotecari di tutto il mondo Aaron era un utente speciale: cercava una biblioteca in tutte le città in cui andava. Il suo grande amore per la conoscenza senza confini e garantita a tutti lo ispirò a creare Open Library, un progetto di biblioteca digitale di Internet Archive di cui si può leggere nella presentazione scritta dallo stesso Aaron. Open Library raccoglie dati bibliografici che chiunque può inserire e modificare, una raccolta di opere in pubblico dominio e, dal 2010, offre un servizio di prestito di ebook moderni in collaborazione con distributori e biblioteche statunitensi. L’intero progetto è basato su software libero e open source.

Aaron però non era solo un collega ad honorem per i bibliotecari…

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