L’Unione Europea ha aperto una consultazione pubblica sull’informazione scientifica, chiedendo a istituzioni, enti e semplici cittadini di esprimere le loro opinioni in materia.
Il questionario si trova qui, sbrigatevi perchè c’è tempo solo fino al 9 settembre (ma moltissime domande sono facili facili).
Chi volesse la bozza che presenteremo come Università di Bologna (per dare un’occhiata alle risposte), basta che mi scriva una mail.
E’ un’ottima occasione, per il mondo open data e open access, di dire la propria su svariate questioni, come l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati e la questione della preservazione digitale.
(qui potete leggere il questionario, con alnche alcune risposte date da Stevan Harnad).
Personalmente, dopo averne discusso a lungo con diverse persone, mi sento di consigliare questi punti, da distribuire nelle varie sezioni del questionario. Sono i miei, per cui sono decisamente opinabili.
1. Politica mandataria a livello di Open Access (su dati e pubblicazioni). Non basta un’adesione di fondo, ma ci vogliono politiche esplicite a favore dell’accesso aperto. E’ lo stato/l’università/l’istituzione che deve “costringere” il ricercatore/studente a pubblicare ad accesso aperto, altrimenti tutti scelgono il contrario. Purtroppo, almeno nel mio lavoro, i dati che abbiamo sotto gli occhi lo dimostrano ampiamente.
2. Attenzione alla digital preservation. Nella situazione attuale, gli editori hanno in mano troppe funzioni che dovrebbero essere in mano ai bibliotecari (accesso, disseminazione, preservazione) e la cosa non va bene, perchè spesso non se ne interessano. Se un articolo è solo in mano ad Elsevier, siamo sicuri che sia l’attore giusto perchè ne garantisca la preservazione a lungo termine?
3. Licenza standard (CC-BY). E’ un discorso quasi banale, ma a mio parere il più importante.
L’Open Access non si è mai posto una licenza unica come standard (le stesse definizioni di Open Access sono varie e diverse). Molto semplicemente, una CC-BY per le pubblicazioni e una CC-0 per i dati potrebbero porre fine ad uno stato di incertezza che genera, a mio avviso, molta confusione. Avere una licenza unica e definita porrebbe fine alle centinaia di note legali che le università richiedono ai popri avvocati, garantendo un’interoperabilità (fra macchine, oggetti e persone) che renderebbe tutto molto più semplice e fluido.