Ieri sono stato intervistato da Radio 3 Scienza (un onore, davvero) su Aaron Swartz e l’Open Access. Dura una quindicina di minuti, si ascolta qui.
Faccio un po’ di fact checking e fornisco un paio di link alle cose che ho detto ieri:
- David Weinberger, fellow al Berkman Center for Internet and Society dell’Harvard Law School, ha detto “Aaron was not a hacker. He was a builder” (source)
- la citazione iniziale è di Derek Bok, ex rettore (in inglese “president“) di Harvard. L’originale è “If you think education is expensive, try ignorance” (source).
- Il libro di Jean-Claude Guédon che ho citato è Open Access. Contro gli oligopoli del sapere, tradotto da Francesca di Donato. Si scarica gratuitamente qui. Leggetelo perchè è bello.
- Aaron Swartz ha scaricato 4 milioni di documenti da JSTOR, una biblioteca digitale no profit, ma non del MIT. Le notizie che si trovano in giro non sono sempre coerenti, il processo è ancora in corso, ma la descrizione più chiara e semplice di quello che è successo (con tante note e fonti) è quella di Wikipedia.
- ho provato a spiegare (male) come funziona il mondo della letteratura accademica qualche giorno fa, qui.
Spero di non aver dimenticato niente (se invece si, sotto, nei commenti, grazie).
Contribuisco al fact-checking precisando alcune cose relative a Jstor e a quanto dici in radio intorno al minuto 8, parlando del gesto di Aaron.
– I termini d’uso attuali di Jstor sono consultabili qui: http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp – (non so ovviamente quanto e se fossero diversi ai tempi dell’azione di Aaron)
– Jstor è una piattaforma che contiene collezioni eterogenee. Alcune sono digitalizzazioni di periodici che arrivano al 1923 e scendono indietro fino al 17° secolo, chiamate “Early journal content”. Quando tu dici che gli articoli scaricati erano in pubblico dominio, ti riferisci a questi?
– Altre collezioni invece riguardano periodici più recenti.
– Nella nota rilasciata da Jstor e citata da Wikipedia (http://about.jstor.org/news/jstor-statement-misuse-incident-and-criminal-case) si parla di “A substantial portion of our publisher partners’”, quindi suppongo si riferisse ai titoli moderni e protetti da copyright (appartenenti appunto ai publisher partners, e non a Jstor)
– Alla radio parli di azione “probabilmente illecita”. In realtà i termini d’uso delle piattaforme di risorse elettroniche in genere, Jstor compresa, sono espliciti nel proibire il download massiccio di informazioni, anche se provenienti da account o postazioni autorizzate.
– Jstor non credo che sia inglese, perché la A. Mellon Foundation ha sede in USA.
– Cosa intendi quando dici che Jstor è una biblioteca digitale “non del MIT”?
Scusa per le pulci, ma volevo contribuire a rendere il quadro più chiaro possibile – e spero di non avere detto imprecisioni. Tu non odiarmi :)
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– Ho detto probabilmente illecita perchè anche in giro c’è scritto “allegedly”, effettivamente quello che è successo non è ancora chiaro e non volevo esprimermi con troppa sicurezza. Quasi sicuramente c’era un illecito, non si sa di quale entità.
– Elisabetta diceva “biblioteca del MIT”, per cui io ho provato a correggere.
– JSTOR non è inglese, per cui mi sono sbagliato (me ne sono accorto stamattina).
– I 4 milioni di articoli non si sa quali siano. Sono quasi sicuro fossero quelli in PD, ma vai a capire.
– Non ti odio, figurati :-)
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Giusto per completezza verso i lettori del futuro, faccio notare che il video di Lessig che hai postato il 2013-03-09 spiega *perfettamente* tutti i dettagli del caso Jstor :)
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Reblogged this on Imbuteria's Blog.
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Ciao,
volevo solo segnalarti che il link al podcast non è più funzionante..
Questo link invece permette l’accesso all’ascolto: http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-ab5d2361-795f-4f48-84be-d6df711ed364.html
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