A Napoli, al convegno “Che cosa sono le biblioteche digitali?” (un resoconto qui, se siete soci Wikimedia), mi è capitato di parlare Tommaso Giordano.
Oltre ad averlo trovato una persona estremamente simpatica ed aperta, mi ha sconfinferato il cervello parlando di ridondanza.
Spesso si considera la ridondanza come un male, soprattutto nella nostra epoca iperinformatica: ridondanza come rumore assordante, muraglia che impedisce il reperimento e la selezione delle informazioni, soprattuto quelle originali, le fonti primarie. Lavorando su Wikisource ho visto moltissimi siti e biblioteche digitali che scopiazzano in maniera inattendibile, senza riportare fonti, edizioni, licenze dei libri che pubblicano. (Credo che in questo modo, spesso, facciano un danno, oltre che a sè, anche agli altri: l’affidabilità percepita, la fiducia dell’utente nei riguardi del sito, del blog o del progetto, è molto più difficile, sotto certi aspetti, in rete che nella vita reale. La rete è piatta: ognuo ha uno ”schermo” di spazio per farsi riconoscere, comprendere, apprezzare. Ma per tutti è lo stesso, e la somiglianza che MySpace dà ai più grandi artisti con le band parrocchiali alla lunga finisce forse per danneggiare tutti.). Saper discernere le informazioni, ritrovare le fonti, evitare la contro e dis informazione è oramai un lavoro a tempo pieno, e forse un utopia. Da noi si dice (grazie Crì) “sei furbo come un setaccio“: lasci passare la farina (ciò che serve) e trattieni il resto (ciò che è da buttare via). Il contrario di ciò che dobbiamo saper fare oggi. Saper cercare, saper trovare, saper lasciar perdere.
Inquest’ottica, anche io vedevo la ridondanza delle informazioni (anche quella buona: più siti attendibili che pubblicano gli stessi libri, ne campo delle biblioteche digitali) come un male, contro quell’ecologia della conoscenza che dobbiamo imparare per sopravvivere…
E invece.
Invece la ridondanza è spesso una necessità: la natura è sempre ridondante.
Nelle informazioni genetiche che si ripetono per evitare errori, nei messaggi elettrici delle sinapsi, nel patrimonio genetico di ogni essere vivente.
Nelle biblioteche del globo, nei monasteri medievali pieni di copie degli amanuensi.
La molteplicità delle fonti preserva il libro dall’oblio, dalle guerre, dalla distruzione più o meno voluta da mani umane. Dalla prepotenza di chi può permettersi di alterare la Storia alterando documenti. Copiare è giusto, preserva la memoria, ci difende dalla violenza di chi vuole cancellare la verità. Pensate a Bush che modifica le date riguardanti la guerra in Iraq nel suo programma di governo…
figurati se tra tanti possibili commenti a cose reali, vita contingenza & compagnia varia, non ne facevo invece uno su una parola!
cmq.
pensa a come la parola in questione possa finire sotto altra forma nelle altre inquisizioni: riNdondanza (come io credevo si scrivesse).
proprio come concetto di rumore e di eccesso di produzione che alla fine della ripoduzione porta lo stesso all’ascolto.
ok, l’immagine delle campane è piuttosto banale ma pensa a come il nostro orecchio e perfino gli strumenti acustici devono cercare di assottigliare le vibrazioni per pensare di sentire qualcosa (naturalmente perché questa è solo la rielaborazione del nostro cervello).
come ti dissi tempo fa a un’altra tua iniziativa: hovintoquacchecosa?
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