Glosse ad una storia non scritta dell’Adelphi

Ci sono dei buchi, anche nello splendido ed inesauribile Catalogo Cronologico 1963-2013 dell’Adelphi.

Possiedo infatti un non catalogato “I Classici Adelphi 1963-64“, ovviamente senza ISBN (nasce nel 1967), che è un’Adelphiana ante litteram (il primo sarà del 1971), con scritti di Virginia Woolf, Contini, Hoffmansthal, Valéry, Dossi.

Non c’è riferimento a quella strana collana in copertina rigida, sovracoperta avorio e turchese (quasi gli stessi colori de La pentola dell’oro di Stephens), che comprende alcuni titoli come Macunaima, Storie di Kuno Kohn, anche Il Monte Analogo: ma ho infine scoperto che era una collaborazione con Fabbri Editori.

Né un riferimento alla collana bianca e viola, di due soli numeri poi ripubblicati altrove, disegnata da  Enzo Mari (uno dei due è La vita contro la morte di Norman O’Brown).

Nel ’64 Calasso e i suoi erano già ossessionati dalla tecnologia, e pubblicarono Butler con il suo Erewhon e Ritorno. Cinquant’anni dopo, lo vediamo criticare Kevin Kelly nell’Impronta dell’editore. Le idee sono le stesse (evoluzione ed evoluzionismo della tecnologia), lo scetticismo e il dubbio verso la “tecnica” pure.

Mistero risolto, invece, per un dubbio che mi attanagliava da un po’.  Scopro che nel 1965 Adelphi rilevò le edizioni Frassinelli, fra cui le splendide traduzioni di Pavese: il Moby Dick, su tutti, ma prima ancora fu nel 1970 il Dedalus di Joyce. In maniera decisamente bizzarra, la collana dei Numeri Rossi mantiene intatta la copertina (probabilmente, disegnata da Enzo Mari), ma vediamo alternati i loghi di Frassinelli e Adelphi. Rimane da scoprire quale fu il centinaio di titoli Frassinelli che Adelphi incorporò dentro di sè.

Pubblicato da aubreymcfato

Digital librarian, former president of Wikimedia Italia.

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