Avvicinamenti

«Una spirituale devozione al mistero di ciò che esiste è stile per virtù propria, come dimostra l’ammirabile linguaggio, oggi in via di estinzione, dei contadini. Un poeta che ad ogni singola cosa dell’invisibile, prestasse l’identica misura di attenzione, così come l’entomologo s’industria a esprimere con precisione l’inesprimibile l’azzurro di un’ala di libellula, questi sarebbe il poeta assoluto».

«Posso immaginare un luminoso trattato sulla vita dei funghi o sui nodi del tappeto persiano, la descrizione accurata di un grande schermitore, una raccolta di lettere dal bel numero di parole in bel rapporto tra di loro».

Bruciarsi a vent’anni venerando la diade Jorge Luis Borges-Cristina Campo produsse alcune storture, all’epoca.

Fra tutte, la convinzione che bastasse una certa attenzione per accedere alle porte di un’Attenzione superiore, o – più prosaicamente – un atto estetico, un senso di piacere.

Ci ho messo anni a rendermi conto che fosse una cosa falsa: che non bastava volere che mi piacessero alcune cose perché queste cose effettivamente, poi, mi piacessero. Credo sia, d’altronde, l’esperienza di ogni adolescente, tipo ascoltare la musica che ascoltano i propri amici per poi rendersi conto, con un certo disappunto o sgomento o terrore, che quella musica non ci piace. Quando sei in cerca di identità vuoi cose che il tuo cuore spesso non vuole. Fare a pace con questa asimmetria è quello che chiamiamo diventare adulti.

Ma mentre ci sei in mezzo è tutto sempre confuso, complicato. Mi feriva profondamente rendermi conto che in realtà, mi annoiavo di fronte ai cherubini e serafini dalle sei ali dipinti sulle pareti dei santuari in Moldova, o dentro, di fronte alle icone russe. Seguendo Campo, o Dostoevskij, avrei voluto sentire una bellezza salvifica, giustificante. Avrei voluto epifanie, se non teofanie; ricevevo banalissimi silenzi in cui i miei occhi vagavano inquieti in cerca di un messaggio che non arrivava.

Sono sempre stato un pessimo utente di musei, frequento l’arte come frequento il vino: con una binaria suddivisione mi piace/non mi piace. Frequento diversamente la letteratura – o la birra se è per questo: lì ho educato le mie sensazioni immediate tramite un lungo apprendistato di mediazione. Ho letto – e bevuto – abbastanza da avere una mia esperienza, un’esperienza fisica e cognitiva. Conosco, quindi so giudicare. Questo apprendistato cognitivo ha raggiunto una massa critica tale da diventare educazione emotiva: mi emoziono perché capisco. Oserei dire che mi emoziono solo quando capisco.

Quest’ultima fra non è del tutto vera, ci sono state e ci saranno eccezioni: in prima media non capivo Francis Bacon ma mi emozionò lo stesso, capii che in qualche modo mi parlava. Lo portaii all’esame due anni dopo, con la prof che mi prese da parte chiedendomi se a casa andava tutto bene.

Scrivo questo perché è uno dei pochi casi in cui emozione e “volere” sono in sincronia: farsi piacere Francis Bacon alle medie fa figo, me ne rendevo conto già allora ed ero contento che, per una volta, ci fosse sincronia.

Quando ieri sono stato ad Entomodena – fiera entomologica che da quasi sessant’anni si tiene nella mia città e che, in un modo o nell’altro, avevo sempre saltato – ha rimestato in questa dialettica fra piacere reale e piacere desiderato. A vent’anni, guardare insetti crocefissi su uno spillo sarebbe stato tutto legato a Cristina Campo – sue le citazioni in esergo – al Jünger di “Cacce sottili” che non avevo letto ma desideravo ardentemente. A quarant’anni il management delle aspettative è pratica quotidiana, per cui è stato bello godersi una fiera così com’era, senza troppe sovrastrutture. Tommi si è appassionato all’arnia trasparente delle api, abbiamo visto ragni, farfalle, sanguisughe, lumache giganti. È stata una gitarella padre-figlio e me la sono goduta così. Ho percepito, quello si, un senso di comunità che avevo un po’ perduto: una “comunità di pratica” – come quando le studiavo all’università – comunità di appassionati. Gli entomologi – come i wikipediani, come gli speleologi – lo diventanto soltanto quando smettono di fare i postini, gli impiegati, gli avvocati, i poliziotti. A volte l’identità si trova dalle cinque alle nove, e non il contrario.

Il pomeriggio sono tornato da solo, sono andato ad ascoltare Tommaso Lisa che presentava il suo nuovo libro.

Da tempo voglio leggere i libri di Tommaso, mi ero segnato l’appuntamento sul calendario. E chiacchierare con lui di entomologia, di letteratura, di quel continente insulare che è Nabokov, ha rimestato ancora questi pensieri.

Passeggiando fra le teche di farfalle, non sono stato sedotto dal demone dell’entomologia.

C’è differenza, fra letteratura e vita. Leggere l’ecfrasi di una farfalla è diverso, per me, che osservare una farfalla.

Al momento, l’atto estetico mi accade solo nel primo caso: perché la lettera scritta è il modo che io ho imparato ad usare da tempo immemore per relazionarmi col mondo.

Se scritto abbastanza bene, potrei leggere di ogni cosa – per definizione, ogni cosa scritta abbastanza bene diventa letteratura, quindi epifania, quindi porta.

Trovo importante che Tommaso stia solitariamente provando a costruire questo ponte fra letteratura ed entomologia.

Magari aiuterà anche a me a colmare la distanza fra lettere e farfalle.

Pubblicato da aubreymcfato

Digital librarian, former president of Wikimedia Italia.

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