A Lucas, e un po’ anche a Malvino
Sfuggito fra le pieghe della coda lunga di Google (e mi chiedo quali perle siano ancora celate laggiù, nel profondo visibile-invisibile, nell’ubiqua anonimità della moltitudine indistinta, nella massa informe dell’innumerevole, nella suburbia del basso ranking), ecco a voi un blog sopraffino, da cui vi porgo umilmente, dieci, e dico dieci, post tematici su Adelphi. Senza menzionare i commenti.
Adelphi 1: Cesare Cavalleri, su Avvenire, 12 novembre 2008, recensisce La folie Baudelaire.
Adelphi 2: Ogni cogliere è anche un assassinare. Quechcotona (in nahuatl, la lingua degli aztechi, significa al tempo stesso “tagliare la testa a qualcuno” e “cogliere una spiga con la mano”), i mattatoi di Chicago. Violenza, assassinio, sacrificio.
Adelphi 3: René Girard. Il capro espiatorio. Satana-scimmia, omicida fin dal principio. E, nei commenti, Clausewitz, colpire con la massima potenza nel punto più ristretto e più debole del nemico, lo schwerpunkt.
Adelphi 4: Sintesi del Girard di E vidi Satana cadere come folgore. Desiderio mimetico, Cristo ortogonale.
Adelphi 5: Non occorrono il sole, l’oceano, la montagna più alta per innalzare un olimpo di divinità. Bastano le scintille dei falò, l’odore dell’erba, il rumore di una cascata, un sentiero che scollina, lo spifferare di un canneto, il ribollire del mosto. Basta ciò che dura più di un uomo, che va oltre quei giorni mortali. Basta un destino che ripete sordo il proprio destino.
Adelphi 6: Heidegger, l’ontologia medioevale, l’uomo moderno, l’uomo diurno, l’uomo che ulula alla luna.
Adelphi 7: La modernità calcolante, Guènon, San Tommaso.
Adelphi 8: Perché questa serie di post dedicati a Adelphi? Perché è una casa editrice che ha una forma.
Adelphi 9: Ancora Guènon, e Tiepolo pure, e il rosa. Teatro, tradizione, meraviglia falsa e inabitabile.
Adelphi 10: Nietzsche. Nuovamente teatro e Tiepolo, e rappresentazione e Occidente, eternoritornoinfinitoattualeassoluto. Finzione di tempo intermedio, la letteratura assoluta.
Che cosa si dovrà intendere con questa espressione? Tante cose diverse quanti sono gli autori che, esplicitamente o no, la praticano. Ma un presupposto è per tutti comune: si è dato, a un certo punto della nostra storia, un singolare fenomeno per cui tutto ciò che era rigorosa ricerca e acquisizione di un vero – teologico, metafisico, scientifico – apparve innanzitutto interessante in quanto materiale per nutrire un falso, una finzione perfetta e onniavvolgente quale è, nella sua ultima essenza, la letteratura. A questo dio oscuro e severo andava offerto tutto ciò che sino allora aveva presunto di essere giustificato in se stesso.
PS: non sono necessariamente d’accordo con tesi e antitesi offerte in questi pezzi. Ma la forma, lo stile, la pacatezza, la profondità, e l’oggetto vogliono attenzione, e noi gliela diamo, con piacere.
Grazie per la segnalazione e per la dedica. Leggerò con attenzione.
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E grazie anche per l’attenzione.
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E’ stato un piacere, davvero.
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