“Ha fatto più danni l’Adelphi della Seconda Guerra mondiale”
Bene,
più distanza concettuale, mentale,
emozionale, chilometrica,
mi separa da Feltri,
più il mio cuore si rasserena,
si convince di un’ordine,
di una giustizia nell’universo,
addirittura, forse, di una salvezza.
Si riappropria,
lentamente,
del fatto che un Senso,
pur sottile,
balugini dalle trame del Reale.
E molto piacere reca anche a me il sapere di questa distanza, di questa separatezza.
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Sapevo di essere in più che ottima compagnia…
E’ resistenza dell’unico, dell’inattuale e della profondità, della sfaccettatura, della complessità, della ricerca.
E pur non idolatrando nè un Calasso, nè una visione di lettura e letteratura come religione, non posso non pensare che anche di questo sono fatto, e che più essere questo mi tiene lontano dalla volgarità, più aggrapparsi ad un Adelphi per rimanere a galla diventa utile, ogni tanto necessario.
Ritornare a spazi senza tempo dove le parole esigono un senso fa bene, aiuta a respirare meglio, regala sanità.
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Trovare il proprio posto:
Ieri mi è cascato dal tavolo un Adelphi, l’ho raccolto: era un cacciavite.
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