L’ingiustizia dell’occupazione non costa nulla agli Israeliani

Francamente, non è superfluo tutto ciò? Che il presidente degli Stati Uniti consacri buona parte del suo tempo prezioso e della sua buona volontà per tentar di convincere della necessità di por fine al conflitto arabo-israeliano. Che gli europei si tengano pronti ad entrare in azione e che metà del pianeta sia in attesa. Ma siamo sinceri: perché tutta questa agitazione attorno a noi? I coloni potrebbero lanciare grida e bloccare le strade. Le Forze di Difesa Israeliane potrebbero perdere d’importanza e le informazioni potrebbero anche diventare noiose. Il vigneto nelle alture del Golan potrebbe chiudere, come la boutique dei vini nella colonia di Ofra.

Il fatto è che la vita in Israele è gradevole.

Perciò chi potrebbe davvero aver voglia di riflettere sulla pace, sui negoziati, sui ritiri, sul “prezzo” da pagare e su tutto questo inutile scompiglio? I caffè sono pieni e i ristoranti sono gremiti. La gente è in vacanza. I mercati sono in rialzo. La televisione ci anestetizza, le autostrade sono imbottigliate e i festival segnalano il tutto esaurito.

La Scala ha dato uno spettacolo nel parco e ora si attende Madonna, la spiagge sono nere di turisti, stranieri e locali. L’estate 2009 è meravigliosa. Perciò, perché voler cambiare qualcosa?
L’ingiustizia dell’occupazione non costa nulla agli Israeliani. Qui la vita è incomparabilmente migliore che nella maggior parte dei paesi.
Israele è stato meno colpito degli altri dalla crisi finanziaria globale. Ci sono dei poveri, ma non come nel terzo mondo e i ricchi e le classi medie sono stati relativamente risparmiati.
Anche la sicurezza è buona. Niente attacchi terroristici. Niente Arabi. E quando il terrorismo è in declino, come è il nostro caso da qualche anno, chi si ricorda ancora del “problema palestinese”? L’esercito e il Primo Ministro Benjamin Netanyahu possono ancora farci paura con la minaccia di attacchi terroristici ma intanto, non ce ne sono. Allo stesso modo della minaccia nucleare iraniana, che non è ancora altro che una vaga eventualità. Attualmente, ci si sente in sicurezza, in Israele.
E’ vero che si assiste talvolta ad esplosioni di violenza, ma queste si verificano in generale alle frontiere del paese e non interessano gli abitanti del centro. Lanci di razzi Qassam su Sderot o di Katyusha su Kiryat Shmona? E allora? Sono seguiti sempre da un periodo di calma, come in questo momento. Il muro di divisione, i media, il sistema educativo e la propaganda politica fanno un buon lavoro per creare un’illusione e far dimenticare ciò che deve essere dimenticato e nascondere ciò che conviene nascondere.

Loro, sono laggiù e noi, noi siamo qui e la vita qui è stupenda, anche se non è il paradiso. Come la Svizzera? No, ancor meglio.
Abbiamo sempre saputo dare una certa importanza al piacere di vivere.
Pratichiamo il culto della sicurezza, nostra vera religione, e commemoriamo l’Olocausto. Qui, voi potete allo stesso tempo divertirvi e giocare il ruolo di vittime, far festa e lamentarvi. Conoscete forse un altro posto al mondo come questo?
Siccome l’ingiustizia dell’occupazione non costa nulla agli Israeliani, l’occupazione non finisce mai. Non cesserà finché gli Israeliani non stabiliranno un legame tra l’occupazione e un costo che verrà loro imposto. Non vi metteranno mai fine di propria iniziativa, e perché dovrebbero farlo?
Nemmeno l’attacco terroristico più crudele che abbia colpito il paese ha fatto germogliare tra gli Israeliani l’idea che potrebbe esserci una relazione di causa ed effetto tra occupazione e terrorismo. Grazie ai media e ai politici – i due agenti più efficaci per anestetizzare ed accecare la società israeliana – ci viene spiegato che gli Arabi son nati per uccidere, che il mondo intero è contro di noi, che il trattamento che ci viene riservato è l’antisemitismo, e che non c’è alcun legame tra i nostri atti e il prezzo da pagare.
Per nostra maggior fortuna, non è previsto all’orizzonte alcun blocco internazionale o bagno di sangue.

Allora, perché preoccuparsi? Certo, il mondo intero comincia ad aggrottare le sopracciglia. E allora? Gli Israeliani sono convinti che, in ogni modo, il mondo intero ci detesta.
Finché non saremo privati dei piaceri della vita, non abbiamo alcuna ragione di preoccuparci. Chiedete agli Israeliani le ragioni di questo ostracismo e sentirete subito delle rimostranze verso la terra intera piuttosto che la minima autocritica, che Dio ce ne guardi. Gli Israeliani non si accontentano di darsi alla bella vita. Hanno anche un alto concetto di sé, della propria moralità, quella del loro esercito e del loro paese.
Tutto ciò sarebbe veramente stupendo se non fosse per il nostro pericoloso accecamento e la prevedibile fine, veramente non felice, di tutta questa storia.
E’ ancora un’estate magnifica a Tel Aviv – come a Gaza e a Jenin – ma una parte del mondo sta per esplodere contro di noi.

In quel momento reciteremo la parte della povera vittima stupita, un ruolo al quale siamo particolarmente affezionati.

Gideon Levy, Israelis don’t pay price for injustice of occupation, Haaretz, 19 luglio 2009.
Traduzione da Maria Chiara Tropea.

L’articolo è stato ripreso come L’injustice de l’occupation ne coûte rien aux Israéliens, su Le Grand soir, il 21 luglio. Trovato su Giornalismo partecipativo.

Pubblicato da aubreymcfato

Digital librarian, former president of Wikimedia Italia.

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